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17 febbraio, 2005

Super Multi Coated

L'antefatto

La ricerca di una migliore trasmissione della luce nelle lenti fotografiche è molto antica, già alla fine dell'800 si era notato che a volte obiettivi che denotavano una leggera opacità dovuta a muffe davano in pratica ottimi risultati in termini di trasmissione di luce e, stranamente, perfino superiori ad altri apparentemente perfetti. Nel 1896 Taylor aveva osservato che le lenti esposte ed annerite dagli agenti atmosferici avevano una capacità di trasmissione della luce superiore alle stesse lenti nuove. Dopo averne interpretata la ragione si cercò di riprodurre in maniera controllata il fenomeno, nel 1904 lo stesso Taylor richiese un brevetto per un procedimento che con l’uso di acidi ed altri componenti chimici modificasse la composizione della superficie delle lenti fotografiche, allo scopo appunto di ridurre la riflessione. Tuttavia questo procedimento si rivelò incostante nei risultati, producendo diversi tipi di annerimento delle lenti e per di più con tempi molto diversi in base al tipo di vetro. Nel 1934 il prof. Smakula, dell’ufficio ricerche della Carl Zeiss, richiese il brevetto per un trattamento antiriflesso per obiettivi fotografici. Contrariamente alle ricerche precedenti, che cercavano di modificare la composizione del vetro ottico allo scopo di eliminare i riflessi interni, il procedimento di Smakula prevedeva una vaporizzazione di fluorite di calcio in ambiente sotto vuoto. Quindi una doppia scoperta, sia per l’uso del composto chimico fondamentale (fluorite di calcio) che per l’uso della camera vacua per l’applicazione. Per l’importanza in applicazioni militari la scoperta ed il brevetto furono resi pubblici solo nel 1939.


Ancora nel 1942 molti obiettivi Zeiss di normale produzione non portavano il contrassegno del trattamento multistrato. Questo contrassegno era la famosa ‘T’ rossa, che sta per "Trasparenz", mentre in altri obiettivi, prodotti dalla Zeiss per altre marche, si trova una ‘V’ (Vergütung, rivestimento). Da notare che il trattamento multistrato non veniva applicato su tutti gli obiettivi indiscriminatamente, infatti per le ottiche specializzate in impiego prevalentemente notturno l’assenza di trattamento permetteva di leggere meglio le aree più scure del fotogramma. Parallelamente nel 1936, J. Strong del Cal-Tech (California Institute of Technology), riuscì a riportare artificialmente un sottilissimo strato di fluorite su una lente ottenendo così il primo strato antiriflessi d'oltre oceano. Tale scoperta rimase segreto militare durante il secondo conflitto mondiale, ma dal 1946 cominciarono ad apparire anche in applicazioni civili trattamenti antiriflettenti a strato singolo. Nonostante fosse già noto che i trattamenti multistrato potevano dare risultati notevolmente migliori, essi rimanevano relegati ad applicazioni militari o prettamente scientifiche a causa dei costi ritenuti eccessivi, tra i vari procedimenti ve ne era uno dalla ditta americana OCLI (Optical Coating Laboratories Inc.), sviluppato ad uso militare per gli schermi negli abitacoli dei caccia USAF e per strumenti di osservazione di US Army ed US Navy.
Come spesso accade nessuno aveva ancora pensato seriamente ad un suo sfruttamento su larga scala: Asahi acquistò il brevetto della OCLI sul trattamento antiriflettente denominato HEA (High Efficiency Anti-reflective coating) per 280.000 dollari. L'evoluzione dal trattamento HEA a tre strati a quello SMC a sette strati richiese circa un anno e permise di migliorare sia la capacità antiriflesso fino al 99,7% che l’equilibrio cromatico della luce trasmessa, superando l'unico difetto congenito dell’HEA, ossia la maggiore efficienza alle lunghezze d’onda maggiori (rosso) che alle minori (blu).
La teoria

Normalmente il rapporto di apertura (luminosità) dichiarato per un obiettivo è quello ottenuto dal rapporto matematico tra lunghezza focale ed il diametro della lente frontale. In realtà la quantità di luce che giunge sul piano focale è sempre inferiore per fenomeni di riflessione ed assorbimento dovuti alle lenti dell'obiettivo stesso (e quindi proporzionali al loro numero). La riflessione della luce su ogni superficie di ciascuna lente provoca un calo di luminosità rispetto a quanto calcolato col rapporto tra diametro e focale ed un calo di nitidezza dell'immagine dovuto alla diffusione della luce stessa all’interno dell’ottica da un numero pari di riflessioni. Per i vetri comunemente usati la perdita di luce per riflessione si aggira intorno al 7% per ogni superficie aria-vetro. Interponendo tra aria e vetro uno strato con indice di rifrazione intermedio si hanno 2 riflessioni: dato che ogni perdita di luce è proporzionale al quadrato della differenza di indici, con 2 riflessioni parziali si ha una perdita inferiore poiché la somma di due quadrati è sempre inferiore al quadrato della somma. Il caso migliore si verifica quando lo strato interposto ha indice di rifrazione pari alla radice quadrata di quello del vetro. Si hanno così due perdite parziali pari ad 1/4 di quella unica che si avrebbe in assenza di strato, la somma delle quali fornisce una perdita complessiva della metà.
Un altro fenomeno importante è quello dell’interferenza fra i 2 raggi riflessi e si può arrivare al punto che se i raggi hanno uguale ampiezza ma opposizione di fase si annullano reciprocamente: la prima condizione dipende dagli indici di rifrazione, la seconda dallo spessore dello strato antiriflesso, poiché occorre che l’intero percorso del doppio attraversamento dello strato sia pari alla metà della lunghezza d’onda della luce in questione, cioè lo spessore deve essere circa 1/4 della lunghezza d’onda della luce. Visto che la luce normalmente è composta da tutte le lunghezze d’onda non si può sfruttare questo fenomeno fino al punto di annullare completamente i riflessi, ma se ne ottiene comunque una forte riduzione. Con trattamenti convenzionali ad uno o due strati si arrivava all’1,7% di riflessione per ogni superficie aria-vetro; lo strato antiriflesso era però piuttosto delicato e soggetto a graffi. Inoltre esaminando un trattamento a strato singolo si nota chiaramente una dominante cromatica: se ad esempio l’obiettivo riflette prevalentemente il colore ambra ciò significa che tale lunghezza d’onda attraversa in quantità minore la lente rispetto ad altre provocando uno slittamento cromatico dell'immagine verso il colore complementare. Aumentando il numero degli strati, utilizzando materiali più duri, con opportuni indici progressivi e con gli opportuni spessori la riflessione viene ridotta intorno allo 0,1~0,2% per ogni lente. E’ evidente che il vantaggio è tanto più marcato quanto maggiore è il numero di lenti dell’obiettivo in questione; in pratica questo ha permesso la realizzazione di zoom anche molto complessi, con schemi di una quindicina di elementi, con un limitato degrado del contrasto dell’immagine. Con idonee combinazioni di materiali e spessori dei vari strati (7 nel caso del trattamento SMC) si ottiene anche un buon bilanciamento cromatico della curva di trasmissione complessiva, che tenderà comunque ad avere un massimo verso le lunghezze d’onda intermedie (verde). I composti (in genere fluoruri) vengono depositati sulle lenti entro una campana a vuoto contenente un crogiolo che provoca la sublimazione di piccole quantità di materiale che poi risolidifica a contatto con la superficie più fredda delle lenti, poste anch’esse all’interno della campana. L’attrezzatura base necessaria non è particolarmente sofisticata, ma per arrivare a strati multipli di spessore esattamente calibrato (dell’ordine di pochi micron) di composti di varia natura il procedimento è molto più complesso ed ogni Casa ha sviluppato tecniche proprie.

L'applicazione

Nel marzo del 1971 l'Asahi Opt. Co. annunciò l'introduzione di un trattamento antiriflettente composto da 7 strati denominato Super-Multi-Coating. Tale trattamento permetteva la trasmissione della luce fino al 99,7% per ogni superficie aria-vetro aumentando la luminosità reale degli obiettivi, a seconda del numero delle lenti, da un minimo del 20% ad un massimo del 50%. Oltre ad aumentare la luce disponibile sul piano focale venivano ridotti drasticamente i riflessi, causa di calo generale di contrasto dell’immagine normalmente e di ‘flare’ evidente nei casi estremi di soggetto molto luminoso (sole, lampade, etc.) entro il campo inquadrato o immediatamente all’esterno dello stesso. Tale trattamento avrebbe inoltre trasmesso in ugual misura tutte le lunghezze d’onda tranne l’ultravioletto, agendo quindi in parte anche da filtro UV. Un altro vantaggio rispetto ai trattamenti allora in uso era la notevolmente migliorata resistenza ai graffi, dovuta ad un maggiore durezza dei materiali riportati. L’innovazione, introdotta con gli obiettivi Takumar standard a corredo della Spotmatic II (50/1.4 e 55/1.8), sarebbe stata estesa a tutte le ottiche Asahi entro l’anno. Nella prima metà del 1972 Asahi adottava già il Super-Multi-Coating su 21 obiettivi per le proprie fotocamere 35mm e su 5 per la 6x7 (dal fish-eye 35mm f/4,5 al medio tele 150mm f/2,8). Da notare che nell’estendere il trattamento veniva data la precedenza agli obiettivi più richiesti e non tanto a quelli con un maggior numero di lenti. Ovviamente le dichiarazioni della Asahi generarono anche reazioni di scetticismo (Nikon, Leitz), qualcuno ritenne che si trattasse di fumo gettato negli occhi da una casa che stava "perdendo colpi" sul mercato nel tentativo di recuperare posizioni. Indubbiamente l’introduzione del trattamento SMC poteva avere anche questo scopo, ma c’era comunque un solido fondamento scientifico. Se così non fosse stato il fenomeno si sarebbe ridimensionato da sé, invece ben presto tutte le principali case concorrenti furono costrette a sviluppare trattamenti analoghi.
Il primo fabbricante a seguire la strada aperta da Asahi fu la Fuji, all'epoca già autonomamente in possesso di una tecnologia simile, seppur non altrettanto efficace, la quale annunciò il proprio trattamento EBC (Electron Beam Coating) sulla cinepresa Single-8 Z800 e sull’obiettivo standard del prototipo della Fujica ST-801, entrambi presentati al Japan Camera Show 1972. Successivamente Canon annunciò l’SSC (Super-Spectra Coating), Zeiss il T* (multistrato, in produzione dal 1972), Nippon Kogaku il Black Coating, mentre Minolta dichiarava di utilizzare già il proprio Achromatic Coating a due strati sull’elemento frontale dei propri obiettivi per le reflex (lontano comunque dal trattamento Asahi a 7 strati su tutte le superfici aria-vetro). Leitz, coerentemente al dichiarato scetticismo circa la necessità stessa del trattamento multistrato, intraprese la strada di nuovi schemi ottici con il minor numero possibile di lenti, salvo, a brevetti scaduti, affrettarsi a recuperare il tempo perduto. Fra i costruttori indipendenti i primi a seguire la tendenza furono Tamron con il BBAR (Broad-Band Anti-Reflection) anch'esso di derivazione USA, Komura e Tokina, che adottarono rapidamente un proprio trattamento multicoated. In ogni caso pare che, con esclusione delle sole Fuji e Leitz, tutti gli altri produttori furono costretti ad utilizzare, anche solo in parte, i brevetti di Asahi. Nel 1975, con il passaggio all'innesto a baionetta Pentax K, il trattamento SMC venne esteso a tutte le superfici delle lenti, anche quelle a contatto vetro-vetro e soltanto alcuni obiettivi di tipo economico (Takumar-bayonet), in tempi più recenti, sono stati esclusi dall'applicazione di tale trattamento.

Febbraio 2002 Franco Zampetti (Elaborato su testi di D. Bonazza e P. Ghisetti tratti da SPOTMATIC n.4, n.5 e n.31.)

16 febbraio, 2005

Ottiche: Serie M

OTTICHE SERIE M di Alvise Agostini

Strana storia, troppo breve, quella delle macchine fotografiche della serie K Pentax, e, in parallelo delle relative gloriose ottiche K, se già nel 1976 Pentax se ne esce di colpo con una coppia di reflex 24x36 quali la "mitica" Pentax MX e la ancor più compatta ME. Non è che la serie K sparisca di colpo, e neppure le sue ottiche, ma viene di fatto soppiantata dalle nuove reflex super-compatte, che fanno valere (specie la "professionale" MX) degli standard qualitativi elevati sia esteticamente che a livello di finiture, mantenendo una meccanica di prim'ordine accanto a delle soluzioni innovative (per le quali rimando alle relative schede).



Le ottiche serie M, pertanto, nascono anch'esse all' insegna della grande (talora eccessiva!) compattezza, e con una qualità ottico - meccanica abbastanza competitiva con quelle della serie K - anche se, a mio avviso , lievissimamente inferiore. Di certo il binomio qualità e compattezza viene premiato dal pubblico con un grande successo di vendite, anche per i prezzi altamente competitivi in rapporto al mercato; l' uscita nel 1980 della Pentax ME Super comporterà una ulteriore conferma. Tra le nuove ottiche si fa presto notare un compattissimo 40/2.8 M di ottima qualità e dello spessore di solo 18 mm. per un peso di appena 110 grammi ; ma non sono da meno il 20/4 M , il 28/2.8 M prima serie e il 28/3.5 M, con rispettivamente una lunghezza di 30 - 31 - 32 mm. Certo, è una bella dimostrazione della "tecnologia " ottica e meccanica di Pentax, ma bisogna dire anche che la regolazione delle ghiere delle ottiche citate non era il massimo della praticità!

Con la serie M escono anche, finalmente, degli zoom di qualità davvero molto buona : ricordo qui il 28-50/3.5-4.5, i luminosi 35-70/2.8-3.5 e 40-80/2.8-4 , il 70-150/ 4, e anche l' 80-200/4.5 prima serie (che mutuava lo schema ottico dal precedente equivalente K). Pertanto le ottiche serie M offrono tutt'ora una abbondante varietà di focali e una qualità media decisamente molto buona, ma , soprattutto, sono reperibili sul mercato dell' usato a prezzi irrisori. Un 28/3.5 + 50/1.7 + 135/3.5 in buono stato si possono avere a meno di 400.000 lire e offrono una qualità sorprendente.
Vediamo comunque, anche stavolta, quelle che sono soggettivamente da me ritenute le migliori ottiche della serie, indicando con asterisco quelle da me personalmente provate .
20/4 M* - 28/2 M* - 28/3.5 M* - 35/2 M* - 35/2.8 M - 50/1.7 M* - 100/2.8 M*
Sento però doveroso segnalare anche il 135/3.5 M* per l' ottima qualità generale e maneggevolezza, il 300/4 M per la straordinaria compattezza e ottima resa ai diaframmi centrali, e gli zoom precedentemente citati : questi ultimi, verosimilmente, danno dei punti agli attuali FA di pari luminosità e focale.

15 febbraio, 2005

Ottiche: Serie FA

OTTICHE SERIE FA di Alvise Agostini

Tra la fine del 1991 e l' inizio del 1992 Pentax pone sul mercato due nuove reflex, la Z10 e l' "ammiraglia" Z1- reflex, quest'ultima, tecnologicamente avanzata nonchè solida e robusta. Con le due reflex vengono proposte le ottiche della nuova serie FA, dotate di contatti di trasmissione elettrica per i "power zoom" e di trasmissione dei dati della distanza di messa a fuoco. I due obiettivi standard proposti (un 28-80/3.5-4.7 e un 28-105/4-5.6) sono, per l' appunto, due "power zoom", dotati di ghiera di "zoomata" elettrica a tre posizioni di velocità; in effetti il passaggio da una focale all'altra diviene molto dolce e regolare come progressione.Gli obiettivi serie FA colmano, progressivamente, alcuni "buchi" di focali che la serie F aveva lasciato aperti : in particolare viene reso disponibile un 20/2.8 FA (con schema ottico mutuato dal precedente 20/2.8 A) , un 85/1.4 FA e 200/2.8 FA (ambedue frutto di nuovi schemi ottici). I nuovi obiettivi hanno un design più moderno e gradevole dei precedenti serie F, ma sorge qualche dubbio sulla robustezza del barilotto specie per le ottiche più economiche (cosa, questa, comune anche ad alcuni F)



Dal punto di vista della qualità ottica, a parità di focale sembrerebbe - da riscontri di alcuni siti esteri - che con la nuova serie, salvo rare eccezioni, un pelino di qualità sia stata smarrita, sia nel confronto con gli F classici che nel confronto con gli A. Ciononostante alcune ottiche della serie FA meritano veramente di essere citati : un magnifico 24/2 asferico star, un 28/2.8 asferico e un altro "soft", un ottimo 35/2 asferico, un 300/2.8 FA star, i già citati 85/1.4 star e 200/2.8 star ed il recente 200/4 FA star macro. A livello di zoom evidenziamo un 28-70/4 asferico di pregevoli prestazioni , un altrettanto buono 20-35/4 FA, i professionali luminosi 28-70/2.8 star , 80-200/2.8 star, 250-600/5.6 star. Ho volutamente tralasciato i tre obiettivi FA Limited (43/1.9 - 77/1.8 - 31/1.8) che considero una serie a parte o comunque meritevole di una trattazione (con relative considerazioni) separata, con cui concludere questa carrellata sulle ottiche Pentax a baionetta. Riassumiamo, pertanto, quali siano - a mio riscontro - i migliori obiettivi della serie FA, evidenziando in grassetto i pezzi davvero pregiati.
FA 20/2.8 - FA 24/2 asf. - FA 35/2 asf. - FA 50/1.4 - FA 50/1.7 - FA 85/1.4 - FA 100/2.8 macro - FA 200/2.8 FA 200/4 macro - FA 300/4.5 - FA 300/2.8
Tra gli zoom, da segnalare i tre già citati 28-70/4 asf. , 28-70/2.8 asf. Star , 80-200/2.8 Star.

13 febbraio, 2005

Ottiche: Serie A

OTTICHE SERIE A
(di Alvise Agostini)

Nel 1983 Pentax pone sul mercato una nuova reflex - la Pentax Super A - proseguendo nella filosofia pagante della ME Super (esposizione automatica, display esterno, selezione a tasti e non a ghiera per il manuale). Per la prima volta entra il policarbonato nella carrozzeria di una reflex della Casa, mentre finalmente il TTL flash non è più appannaggio della sola ammiraglia LX. Ciò che però ci interessa è che viene anche messa sul mercato una nuova serie di obiettivi, ridisegnati nel look e dotati di contatti elettrici per poter "colloquiare" col corpo macchina. Ma non è tutto. Un discreto "battage" pubblicitario recita che per la nuova serie di ottiche è stata profondamente rinnovata e aggiornata l' intera linea di produzione, con macchinari sofisticati e tali da permettere tolleranze davvero minime sia nella lavorazione che nell' assemblaggio. Ciò che appare evidente a chiunque è che le nuove ottiche, mediamente, presentano una brillantezza cromatica superiore a quella di ogni serie precedente, frutto di nuovi schemi ottici, in alcuni casi, ma anche , evidentemente, di un aggiornamento dello stesso strato antiriflesso SMC.
E che i progetti ottici siano stati davvero raffinati ed ambiziosi lo testimonia il fatto che alcuni obiettivi, specie i più luminosi o specialistici (macro) competono pari pari con le migliori ottiche di qualsivoglia marca reflex.


Ecco, infatti, un 20/2.8 dall' ottimo contrasto e dai colori vividi e "squillanti", un 50/1.4 di qualità davvero elevata, un 50/2.8 macro impressionante, uno straordinario 85/1.4 e un superbo 135/1.8, un nitido e luminoso 200/2.8 e un 200/4 macro già con rapporto di riproduzione 1:1 e magnifico a ogni diaframma e distanza, un 300/2.8 altamente professionale e perfino un 400/5.6 senza vetri speciali che offre già una molto buona qualità per la focale. Tra gli zoom sono da segnalare un "gioiellino" quale il 35-70/4 con messa a fuoco ...semimacro (25 cm) , un grintoso 35-105/3.5 e 28-135/4 davvero ...prestante.
Come si può dunque rilevare, con la serie A (KA) c' è stata una ventata di belle e gradite novità in casa Pentax, tale da poter ridare rosee aspettative e un certo orgoglio ai numerosi appassionati del marchio...

Ma passiamo ora ad evidenziare i migliori obiettivi di questa magnifica serie. Quelli preceduti da asterisco sono gli obiattivi da me personalmente provati; per gli altri mi sono rifatto a fonti varie, ma preferibilmente a conoscenti fotoamatori, a fotonegozianti veramente competenti e appassionati, a qualche professionista. Stavolta però mi sento in dovere di evidenziare in grassetto e sottolineato quelle ottiche veramente eccezionali per le loro caratteristiche di nitidezza e correzione.
* 20/2.8 A - * 28/2 A - 35/2 A - *50/1.4 A - *50/1.7 A - 50/2.8 A macro - *85/1.4 A Star - 100/2.8 A - 100/2.8 A macro - * 135/1.8 A Star - 200/2.8 A Star - * 200/4 A Star macro - 300/2.8 A Star.

12 febbraio, 2005

Ottiche: Serie K

Ottiche Serie K di ALvise Agostini

Mi hanno chiesto i soliti 4-5 amici Web quale sia a mio giudizio la miglior serie di obiettivi Pentax a baionetta. Domanda difficile e risposta difficile, per cui val prima la pena di esaminare le varie serie di ottiche, a cominciare dalla prima. Correva l' anno 1975 quando Pentax ha d' una sola volta messo sul mercato quelli che dovevano essere gli apparecchi degni eredi della gloriosa serie a vite delle Spotmatic: la KM, la KX e la K2, cui è subito seguita la più semplice K1000. Erano macchine pensate per competere con le migliori marche del momento, con un occhio particolare a Nikon: macchine "full metal", robustissime, ben dimensionate, con un' ottima finitura ed una meccanica di prim'ordine: macchine fatte per durare, insomma, e per sopportare anche un uso un po' ruvido e qualche maltrattamento: infatti alle Spotmatic era più volte stata mossa l' accusa di una qualche "fragilità" occasionale.


Per macchine così ambiziose, anche le ottiche dovevano essere all' altezza, sia per robustezza meccanica che per qualità ottica: ed ecco le nostre K , di dimensioni generose, senza compromessi di sorta, con il fiore all' occhiello del rivestimento antiriflessi a 7 strati per lente, ereditato dalle ultime SMC Takumar a vite. Siamo dunque di fronte ad obiettivi costruiti senza guardare al risparmio: il risparmio era funzione della maggiore o minore luminosità. Vero che a un certo punto sono state proposte poche "Takumar bayonet" senza strato antiriflesso multiplo: ma l' accoglienza è stata molto tiepida, più o meno come le Nikon serie E. Quindi, per risparmiare, si acquistavano magari le ottiche più comuni e/o meno luminose: ma meno luminose voleva spesso dire, allora, e forse in parte anche adesso, una migliore correzione delle aberrazioni, per cui ci troviamo di fronte ad alcuni "pezzi" che sono autentici "gioielli" nonostante la relativa economicità di allora ( e i quattro spiccioli che servono ora per acquistarli sul mercato dell' usato). Per tutti, i 28/3.5 e 35/3.5 , i 55/1.8 e 55/2, ecc. Vediamo allora, a mio parere, le migliori ottiche della serie: alcune le ho usate io stesso direttamente (quelle con asterisco), altre sono state usate da amici e conoscenti, per altre, infine , mi sono affidato a pareri di partecipanti a NG anche stranieri. La qualità delle ottiche che ora elenco è da considerarsi di livello "professionale", anche se hanno il limite di essere sfruttate solo con impostazione manuale o con automatismo a priorità dei diaframmi.

* Super grandangolari : 15/3.5 SMC K - 18/3.5 SMC K
* Grandangolari : 28/2 SMC K* - 28/3.5 SMC K* - 30/2.8 SMC K - 35/2 SMC K - 35/3.5 SMC K*
* Normali : 50/1.2 SMC K - 55/1.8 SMC K* - 55/2 SMC K
* Medio Tele e Tele : 85/1.8 SMC K* - 105/2.8 SMC K - 135/2.5 SMC K* - 200/2.5 SMC K